Nel linguaggio comune, e soprattutto tra i media, il termine “raptus” viene utilizzato per descrivere un impulso improvviso, irresistibile e incontrollabile che induce una persona a compiere un’azione (spesso violenta) senza alcuna apparente premeditazione, controllo cosciente o consapevolezza. Il che implica una perdita totale della ragione e della capacità di agire diversamente. Va tuttavia detto che sotto l’aspetto psicologico, psichiatrico o giuridico, l’idea di un “raptus” come evento completamente slegato da cause sottostanti o stati mentali preesistenti non è riconosciuta o supportata.
Si da il caso che il comportamento umano, anche nelle sue manifestazioni più estreme, è raramente un evento veramente spontaneo o “senza causa”. Agiti violenti, anche se appaiono improvvisi, sono spesso il risultato di un’interazione complessa di fattori preesistenti: condizioni psicologiche, stress accumulato, tratti della personalità, eventi scatenanti e, a volte, abuso di sostanze. Sebbene gli individui possano sperimentare stati di intensa agitazione emotiva, stati dissociativi o episodi psicotici che compromettono il giudizio, questi sono generalmente sintomi di condizioni di salute mentale sottostanti, non un fenomeno isolato di “raptus puro”.
Dal punto di vista giuridico, specialmente per quanto riguarda la responsabilità penale, il concetto di “raptus” appare invece problematico. I sistemi legali si basano su concetti come la mens rea (l’intenzione colpevole) e l’actus reus (l’atto colpevole). Qui, sebbene la capacità di intendere e di volere possa essere diminuita o assente a causa di una malattia mentale grave, la semplice rivendicazione di un “raptus” senza una condizione diagnosticabile sottostante o una grave compromissione delle facoltà mentali di solito non è sufficiente a negare la colpevolezza. La legge generalmente presume un certo grado di controllo e scelta nelle azioni.
Tornando ai mezzi di comunicazione, l’uso improprio del termine “raptus” è spesso legato al sensazionalismo esasperato finalizzato al rimando di crimini scioccanti, semplificando così le realtà psicologiche complesse in una narrazione più digeribile ma spesso imprecisa. Questo può perpetuare il mito secondo cui violenze gravi possano verificarsi senza alcun segnale premonitore o problema sottostante.
In conclusione, ciò che viene popolarmente definito “raptus” è più precisamente inteso come un atto compiuto durante uno stato di grave disagio psicologico, spesso legato a: disturbi mentali sottostanti, stati emotivi estremi – che possono contemporaneamente compromettere il giudizio ma non annullano la responsabilità – o stati dissociativi, dove l’individuo potrebbe sentirsi disconnesso dalle proprie azioni. Tali condizioni, pur potendo influenzare significativamente il comportamento, rientrano in un quadro psicologico più ampio e non sono un “raptus” isolato.