Il disturbo da lutto prolungato, noto anche come disturbo da lutto complicato, è una condizione in cui una persona sperimenta un dolore intenso e persistente a seguito della perdita di una persona cara. Questo tipo di lutto può durare mesi o addirittura anni, interferendo con la vita quotidiana e il funzionamento generale. La persona può provare una tristezza profonda che non sembra alleviarsi col passare del tempo. Spesso ci si sente come se una parte fondamentale di sé fosse andata perduta. Ci possono essere cambiamenti nella propria identità o nel senso di scopo nella vita.
Gli studiosi dell’Unità per la Ricerca sul Lutto della Aarhus University (in Danimarca) hanno evidenziato la necessità di disporre di una chiara panoramica dei fattori di rischio per i sintomi del lutto prolungato, così come di una stima quantitativa della forza di tali fattori (Buur et al., 2024). I fattori di rischio possono essere definiti come una serie di variabili – psicologiche, demografiche, sociali e contestuali – che sono presenti prima dell’insorgenza di un sintomo o di una condizione e che ne aumentano le probabilità di sviluppo (Offord & Kraemer, 2000). L’individuazione precoce dei fattori di rischio per outcome psicopatologici contribuisce a identificare i soggetti più sensibili che possono beneficiare di un intervento tempestivo, così da prevenire la possibilità che un disturbo si sviluppi o diventi cronico; questo, a sua volta, può favorire l’elaborazione di trattamenti più mirati ed efficaci. Più nello specifico, conoscere i fattori di rischio del Disturbo da Lutto Prolungato permetterebbe di identificare quegli individui che presentano maggiori probabilità di sviluppare tale disturbo in seguito alla perdita di una persona cara, così da fornire loro un supporto adeguato prima che i sintomi divengano invalidanti.
I fattori che tuttavia sembrano contribuire maggiormente a una traiettoria di lutto prolungato sono la presenza di sintomi depressivi precedenti al decesso e di sintomi di lutto pre-perdita: questi ultimi si riferiscono a quel fenomeno, tipico soprattutto nei casi di lunga malattia, per cui un individuo inizia a provare i sentimenti caratteristici del lutto quando l’altra persona è ancora in vita (Treml et al., 2021). Altre variabili che hanno mostrato associazioni significative con i sintomi di lutto prolungato – seppure più deboli – sono perdita di un figlio o di un partner, morte violenta o inaspettata, stile di attaccamento ansioso, appartenenza al genere femminile, essere single, bassa scolarizzazione, basso reddito e numero di perdite subite.
È importante non interpretare questi risultati in senso assoluto: essi sono infatti emersi da uno studio sui fattori di rischio e, come tali, sono da intendere in senso probabilistico. Gli stessi autori sottolineano la necessità di futuri approfondimenti, in particolare sulle possibili interazioni tra i fattori identificati. Ad ogni modo, questa meta-analisi è stata la prima a esaminare quantitativamente i fattori di rischio per lo sviluppo di sintomi di lutto prolungato nella popolazione generale, fornendo preziose informazioni per guidare i professionisti sanitari nel loro lavoro con gli individui che stanno affrontando una perdita.