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Il vuoto: crisi esistenziale o bisogno di nuovi spazi

Pubblicato da Alfredo Grado on 3 Novembre 2024
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  • Psicologia
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Il vuoto crisi esistenziale o bisogno di nuovi spazi

A chi non è mai accaduto almeno una volta di provare una sensazione di vuoto, tale da sentirsi intrappolati nel pensiero costante che nulla abbia importanza. Si tratta di una sensazione spesso temporanea, ma quando si prolunga per mesi o addirittura anni diventa opportuno approfondirne le cause. In molti casi, la sensazione di vuoto si può verificare a seguito di una esperienza traumatica, tale da minacciare la nostra sicurezza. Oppure quando non si riesce a trovare l’origine della tristezza o di una frustrazione. Spesso anche la stanchezza fisica, se prolungata nel tempo, può farci sentire vuoti. In effetti, questa stanchezza può finire per farci provare difficoltà nel sentirci noi stessi e portare a difficoltà nell’assumerci le nostre responsabilità.

bisogno di nuovi spaziFogarty (1973) fa riferimento a molteplici vissuti emotivi ai quali si tende ad associare una connotazione negativa. Si parla infatti di vuoto legato alla solitudine (“un senso di isolamento, in cui tutto quello che ho è il mio lavoro”, “un disperato desiderio di contatto umano”); alla confusione (“metto in discussione tutto ciò in cui credevo”, “il desiderio di certezza crea in me più preoccupazioni e indecisioni e mi rinchiude nella mia solitudine”); alla disillusione (“quale è il senso di questo combattere?”, “non ne vale la pena”); alla non appartenenza (“non sento di appartenere più a nulla”, “mi sento inutile”, non ho più niente in comune con le persone che mi sono vicine”); alla vergogna (“mi sento confuso, colpevole per ciò che sono”); al fallimento (“tutto quello che faccio è provare e fallire”, “ho un senso terribile di inadeguatezza”); alla morte emotiva (“mi sento annoiato”, “mi sento come se stessi morendo”, “ho la sensazione che sto diventando vecchio e sto perdendo tempo”).

È bene sottolineare tuttavia che la sensazione di vuoto è riscontrabile, con sfumature diverse, in alcuni quadri psicopatologici. Ad esempio, il vuoto può essere l’elemento chiave del Disturbo Narcisistico di Personalità, dove l’idea grandiosa di sé e il sentimento di orgoglio che ne deriva possono proteggere l’individuo proprio da un senso di vuoto e di mancanza di significato. Nel Disturbo Depressivo, invece, il vuoto può essere una conseguenza della perdita dell’oggetto amato (Epstein, 1989) e della successiva presa di coscienza dell’incapacità di recuperarlo, mentre nel  Disturbo Borderline di Personalità il vuoto farebbe da cornice ad una instabilità che si manifesta sia sul piano emotivo che cognitivo e comportamentale. Nei disturbi dell’alimentazione il vuoto può invece apparire come un grido di aiuto, la punta di un iceberg che lascia intravedere una sofferenza devastante legata alla propria autostima e al bisogno di affetto.

Quali che siano i vissuti o le attinenze con i quadri psicopatologici, diventa di fondamentale importanza comprendere il significato personale del senso di vuoto e lavorare sulla regolazione e comprensione emotiva. Quando si sperimenta per lungo tempo e con sofferenza questa condizione, è utile rivolgersi a un professionista della salute mentale per una valutazione personalizzata che permetta di costruire una proposta terapeutica mirata.

Alfredo Grado
Alfredo Grado
Dopo la Laurea in Sociologia conseguita presso l’Università di Napoli “Federico II” con una tesi sperimentale dal titolo “Controllo sociale e comportamento violento. Alla ricerca di nuovi schemi concettuali” ha conseguito la Laurea in Psicologia discutendo una tesi su “La rilevazione della simulazione di psicopatologia in ambito detentivo attraverso l’utilizzo del Minnesota Multiphasic Personality Inventory (MMPI)”. Ha completato un training quadriennale di formazione presso l’Istituto di Psicoterapia relazionale e familiare di Napoli -ISPPREF - e ha approfondito la conoscenza della Psicopatologia Clinica, per la quale si è dapprima specializzato presso l’Università di Roma “La Sapienza”e poi perfezionato nella gestione clinica dei disturbi di personalità .

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