Da sempre l’utilizzo della psicofarmacologia è stato oggetto di dibattiti e controversie.
Resta il fatto, e questo è un dato incontrovertibile, che alcuni psicofarmaci sono necessari al trattamento di patologie che riguardano la salute mentale, come disturbi d’ansia, disturbi dell’umore o disturbi del comportamento.. Certo, lo ribadiamo, i farmaci non “curano” la causa sottostante. Spesso, tuttavia, una combinazione di farmaci e psicoterapia fornisce un trattamento più completo.
Ma come agiscono gli psicofarmaci? Gli psicofarmaci agiscono sulla regolazione dei neurotrasmettitori del sistema nervoso centrale, ovvero sulla regolazione dei segnali chimici con cui le cellule del cervello (neuroni) comunicano tra di loro, e grazie alla loro azione psicoattiva, sono in grado di indurre dei cambiamenti nell’umore, nel pensiero e nel comportamento delle persone. La loro dipendenza è un rischio concreto, ma non riguarda tutti i farmaci psicotropi.
Ad esempio, gli antidepressivi (come SSRI e SNRI) non hanno un alto potenziale di dipendenza. Al contrario, i benzodiazepinici (usati per l’ansia e l’insonnia) possono portare a tolleranza e dipendenza se assunti a lungo termine. È importante quindi usare questi farmaci sotto supervisione medica e seguirne le indicazioni.
Molti farmaci richiedono tempo per stabilire un effetto terapeutico. Ad esempio, gli antidepressivi possono impiegare da 2 a 6 settimane per mostrare un miglioramento significativo. Inoltre, le persone possono sperimentare effetti collaterali iniziali che possono far pensare che il farmaco non funzioni, ma spesso questi effetti si attenuano nel tempo. Va tuttavia evidenziato con forza che la risposta ai farmaci è altamente individuale. Fattori come genetica, storia personale, altre condizioni mediche e il contesto sociale possono influenzare come un individuo reagisce a un determinato trattamento. È comune che i medici provino diverse opzioni e aggiustamenti di dosaggio prima di trovare la combinazione giusta.
Se quanto detto vale per gli adulti, un discorso a parte va fatto per gli adolescenti.
Gli psicofarmaci possono essere prescritti per una varietà di condizioni in adolescenza, tra cui depressione, ansia, ADHD ( gli stimolanti come il metilfenidato sono comunemente usati per gestire i sintomi dell’ADHD ) o Disturbi dell’umore. Tuttavia, va considerato che cervello degli adolescenti è ancora in fase di sviluppo, il che può influenzare la risposta ai farmaci. I professionisti devono considerare che gli adolescenti possono essere più suscettibili agli effetti collaterali e alle variazioni dell’umore causate dai farmaci. La decisione di iniziare un trattamento farmacologico deve essere ponderata. I benefici devono superare i rischi, e questo richiede un’attenta valutazione da parte di medici e familiari.
È fondamentale monitorare gli effetti collaterali e l’efficacia del trattamento. Sarebbe opportuno l’impiego di farmaci unitamente a forme di terapia psicologica, al fine soprattutto di supportare lo sviluppo di strategie di coping e affrontare le cause sottostanti le diverse sintomatologie. Anche il coinvolgimento della famiglia dovrebbe essere auspicato nel trattamento degli adolescenti. I genitori e i caregiver dovrebbero infatti essere informati e coinvolti nel processo decisionale, poiché il supporto familiare può migliorare l’efficacia del trattamento.