Il diabete mellito è una condizione cronica complessa che va ben oltre la semplice gestione dei livelli di glucosio nel sangue.
Richiede un approccio multidisciplinare che coinvolga medici, dietologi, infermieri e, sempre più frequentemente, psicologi. Integrare la figura dello psicologo nel team di cura del diabete non è un lusso, ma una necessità per affrontare le sfide emotive, comportamentali e cognitive che questa malattia comporta.
La diagnosi, infatti, può generare un ampio spettro di reazioni emotive, tra cui shock, negazione, rabbia, tristezza e ansia. La necessità di monitorare costantemente la glicemia, seguire regimi alimentari restrittivi, assumere farmaci e affrontare potenziali complicanze può portare a sentimenti di frustrazione, senso di perdita di controllo e un significativo impatto sulla qualità della vita.
La depressione e l’ansia, sono comorbilità psicologiche significativamente più comuni nelle persone con diabete rispetto alla popolazione generale. La costante preoccupazione per la gestione della malattia, la paura delle complicanze a lungo termine e il senso di “diversità” possono alimentare stati d’animo negativi e disturbi ansiosi. Questi, a loro volta, possono ostacolare l’aderenza al trattamento e peggiorare il controllo glicemico, creando un circolo vizioso dannoso. Ma il diabete può anche influenzare l’immagine corporea e l’autostima, soprattutto nei giovani e negli adolescenti. La necessità di iniezioni, l’eventuale comparsa di complicanze fisiche e le restrizioni alimentari possono portare a sentimenti di inadeguatezza e vergogna.
In tale direzione, il ruolo dello psicologo nel team di cura del diabete è poliedrico e si articola su diversi livelli. Ad un primo livello, lo psicologo fornisce uno spazio sicuro e non giudicante dove le persone con diabete possono esprimere le proprie emozioni, paure e frustrazioni. Attraverso tecniche di counseling e psicoterapia, aiuta a sviluppare strategie di coping efficaci per gestire lo stress, l’ansia e la depressione associati alla malattia.
In tal senso, l’aderenza al regime terapeutico (dieta, attività fisica, farmaci, monitoraggio glicemico) è cruciale per un buon controllo della malattia e per prevenire le complicanze. Lo psicologo lavora con il paziente per identificare e superare le barriere psicologiche all’aderenza, come la mancanza di motivazione, la difficoltà a integrare le nuove abitudini nella vita quotidiana e la sensazione di sovraccarico. Tecniche di colloquio motivazionale e di modifica del comportamento possono essere particolarmente efficaci.
Ad un livello successivo, lo psicologo può integrare l’educazione medica fornita dagli altri professionisti sanitari, aiutando il paziente a comprendere meglio la propria condizione, a sviluppare abilità di problem solving per affrontare le sfide quotidiane legate al diabete e a promuovere l’autoefficacia nella gestione della malattia. Il tutto, mirano ad un sensibile miglioramento della Qualità della Vita, senza sottovalutare il supporto alle famiglie. Il diabete, infatti, non riguarda solo la persona diagnosticata, ma ha un impatto significativo anche sulla sua famiglia. Lo psicologo può fornire supporto e psicoeducazione ai familiari, aiutandoli a comprendere meglio la malattia, a gestire le proprie emozioni e a supportare al meglio il proprio caro.