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Utilizzo problematico dei social network: una panoramica della relazione con la psicopatologia generale e il narcisismo

Pubblicato da Alfredo Grado on 24 Ottobre 2024
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  • Psicologia
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Il flusso costante di notifiche, informazioni, aggiornamenti, immagini e video, è quel che rappresenta per tutti il mondo dei social media, i nuovi mezzi di comunicazione che permettono la creazione, la condivisione e lo scambio di informazioni tra utenti con le persone della loro cerchia, conosciute e non, consentendo in questo modo un costante aggiornamento su ogni evento

Queste nuove possibilità di comunicazione “peer to peer” utilizzate in maniera appropriata possono affascinare e influire positivamente sulla vita degli individui, portando ad un impegno virtuale sociale sempre più frequente, ma se gestito in maniera errata può condurre a dei possibili effetti negativi sulla quotidianità ed essere fonte di dipendenza. Essere dipendenti da social media, rientra nella sottocategoria della dipendenza da internet classificabile come: specifica (soddisfare bisogni sessuali, giocare online, giocare d’azzardo, fare shopping) o generalizzata (uso guidato da un fine non preciso) a seconda degli scopi che guidano il comportamento (Rachubińska, 2021).

Una notevole scoperta a riguardo è che: i dipendenti da internet sviluppano cambiamenti nel metabolismo del corpo celebrale che somigliano molto ad altre dipendenze comportamentali e da sostanze chimiche; dalla risonanza magnetica (MRI) possiamo notare che si attivino le stesse aree cerebrali. Da un punto di vista biologico invece, la dipendenza colpisce più chi possiede una minore quantità di neurotrasmettitori della serotonina e/o della dopamina (la prima che controlla la regolazione dell’umore, mentre la seconda la motivazione, l’eccitazione e la ricompensa); Ad esempio, nella dipendenza da social, il senso di appartenenza al gruppo, quello di approvazione sociale, ed il feedback che gli utenti possono ricevere dalla loro cerchia, rappresenta un esempio di come alcune attività degli stessi possano essere interpretate come ricompense a livello dopaminergico (Sheldon, 2020). Infine, è stato osservato che alcuni tratti di personalità possano essere predittori di quest’ultima, tra cui: bassa autostima, timidezza, narcisismo, introversione, impulsività, ansia, comportamento aggressivo/provocatorio, comportamenti psicotici, tratti di personalità dissociale, nevroticismo, ma anche un alto grado di solitudine e depressione (Sheldon, 2020). Naturalmente, i tratti e le predisposizioni biologiche presi singolarmente non 6 forniscono una spiegazione esaustiva e adeguata; infatti, è corretto tenere a mente il ruolo dell’ambiente, che differisce da individuo a individuo (Rachubińska, 2021)

Data l’importanza del fenomeno, anche il mondo clinico, nello specifico l’attuale manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (il DSM-5) ha inserito la dipendenza da internet all’interno della categoria “Disturbi da addiction”. “I social media e il gioco online, che sono i luoghi digitali più comuni per incontrare amici, appartengono alle principali fonti di dipendenza da internet. Le persone che fanno un uso eccessivo di internet affermano che la vita in rete sembra reale e che incontrare amici online è emotivamente arricchente” (Rachubińska, Cybulska, Grochans, 2021); e con quest’intervento presentato da moltissimi utenti dipendenti da internet che possiamo notare la crescente linea separatrice sempre più labile tra vita reale e virtuale, che porta alla nascita dell’ansia legata alle relazioni sociali sui social, da qui la coniazione del termine “FOMO”( fear of missing out) che si riferisce all’ansia derivante dal pensiero di poter perdersi qualche evento legato al mondo sociale/virtuale, questo cambiamento del tono dell’umore potrebbe essere una delle cause che spingono gli utenti a sentirsi come obbligati a controllare i loro social media più volte al giorno. Tuttavia, c0è anche chi trova nutrimento nella frequentazione delle realtà virtuali. È il caso dei soggetti con alti livelli di narcisismo.

Questo perché: se un individuo pensa “non sono simpatico” o “ho scarse abilità sociali” – mentre allo stesso tempo crede che avere un gran numero di amici o follower cambierà queste autovalutazioni – tutto ciò può facilitare la partecipazione ai social media. Infatti, rispetto a ciò le persone con bassa autostima, ritengono l’interazione sui social molto più sicura per esprimersi con gli altri individui, rispetto all’interazione diretta. Da questo punto di vista, infatti, il social media sembra essere lo strumento ideale per ricevere l’attenzione desiderata, fornendo un alto controllo rispetto alle interazioni “vis a vis” grazie alla possibilità di utilizzare comportamenti strategici per creare e in seguito mantenere un’immagine di sé perfetta.

Alfredo Grado
Alfredo Grado
Dopo la Laurea in Sociologia conseguita presso l’Università di Napoli “Federico II” con una tesi sperimentale dal titolo “Controllo sociale e comportamento violento. Alla ricerca di nuovi schemi concettuali” ha conseguito la Laurea in Psicologia discutendo una tesi su “La rilevazione della simulazione di psicopatologia in ambito detentivo attraverso l’utilizzo del Minnesota Multiphasic Personality Inventory (MMPI)”. Ha completato un training quadriennale di formazione presso l’Istituto di Psicoterapia relazionale e familiare di Napoli -ISPPREF - e ha approfondito la conoscenza della Psicopatologia Clinica, per la quale si è dapprima specializzato presso l’Università di Roma “La Sapienza”e poi perfezionato nella gestione clinica dei disturbi di personalità .

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